Situazione carceri italiane: Osservatorio anche a Lucera con Camera Penale, Magistratura e Ordine degli Avvocati. La delegazione ha visitato la struttura del carcere di Lucera ed ha raccolto osservazioni da cui scaturirà una relazione.
LUCERA - Numeri scioccanti che compongono la fitta texture di una situazione drammatica che le carceri italiane stanno vivendo da tempo. E il futuro incerto che fa vedere peggio di quello che oggi è. È su questo versante che l’Unione Camere Penali Italiane si sta muovendo, per passare al setaccio, attraverso le sue sedi dislocate nell’intero Paese, in tutti i suoi aspetti (detenuti, personale, sanità ecc.), le difficili problematiche delle strutture penitenziarie. Una specifica attività di osservatorio della situazione. Lo ha fatto la Camera Penale di Lucera con il suo Presidente, l’Avv. Raffaele Lepore, coadiuvato dal Segretario Avv. Antonio Santacroce e dal tesoriere Avv. Nicola Delle Vergini. Un lavoro di preparazione iniziato da tempo che ha coinvolto, compiaciuti non poco, la Magistratura di Lucera e l’Ordine degli Avvocati del Circondario di Lucera. Una delegazione composta, oltre che dagli avvocati sopra citati, dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lucera e Presidente della Sottosezione dell’ANM di Lucera Dott.ssa Filomena Mari, dal Presidente della Sezione Penale del Tribunale di Lucera Dott. Cons. Giancarlo Pecoriello, dal Sostituto Procuratore della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lucera Dott. Cons. Pasquale De Luca e dal Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Lucera Avv. Giuseppe Agnusdei.
La delegazione si è recata in visita presso la Casa Circondariale di Lucera la mattina di lunedì 16 aprile scorso alle ore 12:00 ed è stata ricevuta in primis dal Direttore Dott. Davide Di Florio e dal personale di Polizia Penitenziaria. Cinquanta minuti di interventi in una piccola sala per fare il punto della situazione.
Abbiamo voluto trattare l’argomento in maniera esaustiva poiché le questioni emerse meritano un’attenzione profonda, per cui “imprigionare” il tutto in un sintetico articolo di cronaca della visita ci sembrava riduttivo.
«Ringrazio questa prestigiosa e qualificata Commissione. È la prima volta che una Commissione viene a far visita al nostro istituto. È da tempo che manteniamo i contatti per organizzare questa giornata. Ci ha colpito il fatto che questo gruppo tecnico volesse incontrare anche il personale».
Sono state queste le parole di benvenuto del Direttore della Casa Circondariale che ha poi accennato ad un po’ di storia: «Una parte di questo carcere era convento, poi, dal 1700, cominciava ad essere un carcere. Nel 1902 abbiamo donato una cella che è stata separata dal contesto, vale a dire la stanza dove si dice sia morto il Santo Padre Maestro».
Quindi è passato a mettere a nudo le sofferenze vissute dalla struttura. «La pianta organica è inversamente proporzionale alla popolazione detenuta che oscilla intorno a 240 unità, ma è arrivata fino a 280 qualche mese fa. Voglio dire che se viene una visita ispettiva e riscontra una presenza pari a 156 detenuti, siamo nella norma; se invece dovesse venire il Consiglio della Corte Europea a chiedere contezza di questa anomalia sarei imbarazzato. Ma tant’è. Una delle criticità è il personale di Polizia Penitenziaria. Il Decreto Ministeriale parla di un numero di agenti pari a 104 unità per essere in regola; qui sono in numero inferiore e andiamo avanti grazie ai distacchi. Mancano, poi, delle unità che sono andate in pensione ed altri 6 agenti faranno altrettanto senza che verranno rimpiazzati. Abbiamo un commissario e ce ne vorrebbe un altro; 6 ispettori e ce ne vorrebbero di più; 12 soprintendenti, di cui una unità femminile, mentre ce ne sarebbe bisogno di un altro nei colloqui, per esempio; infine ci sono 92 agenti di cui 5 sono donne. Quando arriva il periodo delle ferie la situazione diventa drammatica e devo confrontarmi con i sindacati per vedere come meglio affrontare la situazione. Se poi devo, insieme al commissario, garantire il diritto di tutte le spettanze del personale, non riesco neanche a coprire un turno completo di 6 ore in presenza di legittime esigenze e dei diritti. I numeri sono questi – ha detto Di Florio – e ritengo sia un bene che questa onorevole Commissione ci stia ascoltando. Sono convinto che da cosa nasce cosa».
LA SITUAZIONE NELLE SEZIONI
«Oggi in carcere – ha proseguito il Direttore Di Florio nel fornire altre cifre – arriva l’elemento che è lo zoccolo duro. Certo lo era anche prima; mi ricordo un caso problematico di un detenuto: la sua famiglia, il CIM nella sua residenza, il reato che aveva commesso e l’etichetta di delinquente abituale. L’extrema ratio qual è? Che pur avendo le sue patologie psichiatriche e neuropsichiatriche l’abbiamo dovuto gestire. Mettiamoci nei panni degli operatori: quante volte io devo fare coraggio a loro quando, forse, avrei più bisogno io di essere sostenuto?».
Un cenno ai casi di suicidio nelle carceri non poteva mancare: «Sono sconfitte, certo, anche se non trovano, aldilà del senso di colpa, altre “responsabilità” di sorta».
Il problema sovraffollamento? «I detenuti definitivi sono 152 su 240. Da un lato potrebbe andar bene, da quello dell’affollamento certamente no». E le conseguenze: «Non ho l’area trattamentale efficiente ed operativa – ha detto – per progetti e programmi. Spesso nel reparto dei definitivi mettiamo anche qualche appellante, quelli del 1º grado che ricorrono appunto in Appello. C’è poi un piano dedicato a detenuti che hanno avuto grandi problemi e che hanno commesso reati esecrabili. Abbiamo una piccola sezione verso la quale ci attiviamo oltre le nostre possibilità; infatti abbiamo notato un calo di atti autosoppressivi ed autolesionistici perché abbiamo concentrato le attività pedagogiche, con detenuti che si cimentano anche in componimenti poetici. Proprio stamattina sono partiti due elaborati per due distinti premi organizzati a livello carcerario nazionale come quello della città di Eboli». Attività, insomma, che «hanno consentito un notevole abbassamento dei livelli conflittuali tra loro e quindi tra noi e loro. Sono attività che oggi vengono svolte da una figura chiamata “Funzionario Giuridico Pedagogico” e che fino a tre anni fa andava sotto il nome di “Educatore”».
Rispetto alla capienza attuale «abbiamo 47 detenuti in attesa di giudizio, 19 appellanti, 17 ricorrenti – ha aggiunto Di Florio –, poi ci sono le doppie posizioni giuridiche. Bisogna inoltre far fronte alle visite immediate in ospedale, quelle pianificate, quelle specialistiche. Parecchie sono le malattie». La concentrazione più alta, come ha confermato il Dott. Iorio, responsabile del SERT, durante la visita proseguita nelle sezioni, è la tossicodipendenza con un 35%.
Un richiamo all’importanza rivestita dai mezzi di informazione: «Non va dimenticato che l’opinione pubblica risente del modo di informare della stampa. Un fatto che capita nel carcere è uno smacco per il direttore, il comandante e gli operatori. Aldilà della famiglia che ci attribuisce colpe e responsabilità» i giornalisti dovrebbero insomma utilizzare un metro di giudizio più cauto.
È stata sottolineata l’importanza di avere «uno sportello di mediazione per detenuti stranieri: sono 59, un numero che ci lascia preoccupati – ha precisato il Dirigente del carcere lucerino –, perché ancora prima della campagna dei grandi raccolti agricoli il numero lieviterà e sarà diversificato. I mediatori vengono una volta a settimana per darci una mano». Ed è passato ad evidenziare «i problemi di dialogo dovuti alle distanze della lingua. È stato presentato un progetto che ci auguriamo venga finanziato: si parla di 1.500 Euro all’anno che il mediatore andrebbe a percepire». Un esempio che fa riflettere: «Un caso che ricordo è quando ci è capitato un cinese: si venne a creare una situazione traumatizzante in quanto sono emerse incomprensioni dovute ad un semplice gesto: mentre l’educatore si avvicinava all’interessato, questi fece un segno con due dita la cui interpretazione portava a pensare ad un taglio alla gola; in realtà era un modo per dire: “Con te non voglio parlare”».
LEPORE: «L'UCPI RACCOGLIERÀ LE VOSTRE OSSERVAZIONI»
Il Presidente della Camera Penale di Lucera ha ringraziato «il Direttore e tutti per l’enorme sensibilità mostrata in questo frangente, perché le problematiche del carcere sono effettivamente serie. Questo incontro è stato voluto concordemente dalla Camera Penale e dalla Magistratura di Lucera». L'Avv. Lepore ha ricordato che anche a Foggia «il Dott. Laronga ha capeggiato un’analoga delegazione avente lo stesso scopo». Il problema della carceri in Italia «è uno dei più sentiti – ha ricordato Lepore – e dovrà essere affrontato forse prima di altre questioni che pervadono la giustizia e la magistratura, indipendentemente dalle altre riforme: quella forense, del codice e di altre in cantiere». Ha poi rimarcato quanto già evidenziato da Di Florio circa la carenza di istituti, di personale «e, se ogni giorno si riesce ad andare avanti, è grazie alla passione del direttore e degli operatori». Di qui la garanzia della «massima attenzione da parte dell’Unione Camere Penali Italiane» che, come prima iniziativa, la vedrà esporre «un grande lenzuolo, di fronte a Castel Sant’Angelo, per mezzo del quale si metteranno in evidenza le altissime quote di suicidi nei carceri d’Italia».
Infine, l'impegno di fare arrivare «sul tavolo del Ministro le vostre richieste e le vostre osservazioni, sperando in una riforma seria delle strutture penitenziarie», ricordando, però, che «è importante risolvere prima le cose piccole, per poi passare man mano a quelle grandi».
MARI E LE DIFFICOLTÀ DOPO LA LEGGE BASAGLIA
«Un osservatorio privilegiato». Questa la definizione usata dalla Dott.ssa Filomena Mari quando ha preso la parola per riconoscere l’esclusiva paternità dell’iniziativa all’Avv. Raffaele Lepore, «il quale – ha poi sottomarcato – quando bussò alla mia porta pensavo fosse venuto per sollecitare la risoluzione di un’istanza. Invece si trattava di questa idea che io ho accolto con grandissima felicità».
Un lavoro, quello del GIP, come ha ricordato la stessa Mari, «che spesso ti porta anche ad uno scontro, ad un’inevitabile dicotomia perché da una parte tu sei il GIP e devi applicare la carcerazione preventiva oppure erogare la pena definitiva, dall’altra devi scontrarti con problemi e situazioni di grande disagio sia delle guardie penitenziarie, sia dei detenuti». E riallacciandosi a quanto appena affermato: «Qualcuno dice di me che con il sorriso sulle labbra applico una pena severa, la carcerazione preventiva… Io credo che l’umanità sicuramente deve esistere, perché quando il detenuto si trova innanzi a me mi sforzo di essere una persona gentile».
I problemi connessi al personale penitenziario: «Vorrei dire che ho sempre cercato, di fronte alla povertà numerica del personale, di fare traduzioni senza scorta, di tentare di risolvere anche telefonicamente i problemi grazie ad uno staff di Cancelleria Giudiziaria straordinario con a capo la Dott.ssa Baldassarre. Questo è già un bel passo avanti».
La struttura sanitaria: è la prima cosa che la Dott.ssa Mari ha chiesto di vedere al Direttore della Casa Circondariale. «In questo carcere ci sono anche soggetti affetti da HIV. Prima, per questa malattia, si disponevano gli arresti domiciliari in quanto il 175 del CPP ce lo imponeva. Oggi, con le nuove terapie, di AIDS non dico che non si muore, ma accade con più difficoltà. Ciò non toglie che un malato di AIDS abbia tante di quelle patologie che non so se in un carcere possano essere curate». Poi, però, ha aggiunto che «probabilmente invece questo carcere è riuscito a fronteggiare le diverse patologie e il Direttore Sanitario mi manda a dire di incompatibilità soltanto in casi eccezionali».
OPG: un acronimo che nel contesto trattato sta per “Ospedale Psichiatrico Giudiziario”. La Dott.ssa Filomena Mari ha passato in rassegna due aspetti della questione che vanno dalla legge Basaglia (che decretò la chiusura dei manicomi) agli OPG appunto (che stanno per seguire lo stesso destino dei manicomi). «Io il problema dell’OPG lo affronto con grande difficoltà – ha asserito – e l’attuazione della legge Basaglia a me come GIP ha creato tantissimi problemi perché le leggi si fanno senza sentire coloro che si trovano a dover operare, senza sentire i giudici, gli avvocati, i direttori dei carceri, i neuropsichiatri eccetera. Perciò mi auguro che il discorso dell’OPG abbia un’attuazione sostenibile. Il problema di una persona affetta da patologia seria è un problema che va affrontato pensando alla struttura». Insomma, visto che non ci sono più i manicomi ci si trova di fronte al bivio: l’OPG o gli arresti domiciliari. Per la Mari andavano fatti i controlli prima di pensare alla eliminazione di quelle strutture.
Rivolta al Direttore Di Florio e agli operatori presenti, la Dott.ssa Mari ha detto: «Se avete difficoltà, noi ci faremo latori dei vostri problemi perché abbiamo il dovere di farlo ma anche perché qualcosa possa cambiare. Certo – ha però precisato – aspettarsi disposizioni per rivedere la struttura di questo carcere non è possibile data la situazione economica che non lo consente, però per cercare di risolvere quei problemi che per noi sono quotidiani, sicuramente c’è tutto il nostro impegno».
Sintetico il Dott. Giancarlo Pecoriello nel definire una situazione generale in cui «un po’ tutti ci arrabattiamo cercando di fare il nostro meglio per fronteggiare i disagi evidenti». E pur mostrando pessimismo perché «purtroppo dobbiamo pensare che queste difficoltà si protrarranno ancora», ha assicurato che «il nostro impegno di certo non lo faremo mancare».
L’Avv. Giuseppe Agnusdei, nel riepilogare le problematiche emerse (organico, mancanza di nuove assunzioni, capienza che viene sempre superata, sistemazione differenziata dei detenuti, sanità), ha spezzato una lancia a favore della struttura che, «nonostante le ristrettezze, riesce a far fronte con il sacrificio di tutti alle molte problematiche».
DE LUCA: «RIFORMA? NO, CONTRORIFORMA».
«Voi siete gli eroi oscuri, perché non apparite sui giornali. La società spesso disconosce i vostri meriti e la vostra grande attività». Ha esordito in questo modo il Sostituto Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Lucera Dott. Pasquale De Luca, rivolgendosi al Direttore e al personale del carcere. Quindi è passato ad affrontare in breve i problemi legati alla vicenda oggetto dell’Osservatorio analizzando l’ampio orizzonte governativo e giudiziario. «La Magistratura – ha detto – non può e non deve fare politica, ma può e deve fare politica giudiziaria». Un giudizio sulle decisioni governative «che appaiono sempre meno comprensibili». In particolar modo «questa riforma che invece è una vera controriforma: anziché proiettarci in avanti ci fa arretrare». Insomma, «ritornare alle celle di sicurezza è un assurdo, un fatto che va stigmatizzato. E mi pare che la categoria sia tutta d’accordo». Quel «presidio di controllo e di legalità» riconosciuto agli operatori risulterebbe quindi sminuito da queste scelte del governo centrale discutibili, che si nascondono sotto «la veste dell’efficientismo puramente economico del risparmiare che non porta a risparmiare nulla». Un esempio? «Portare un detenuto da una cella di sicurezza all’aula giudiziaria comporta uno spreco assurdo», mentre altri aspetti, come quello sanitario, per citare un caso, andrebbero privilegiati.
De Luca ha chiuso unendosi al plauso «di questa iniziativa che vede insieme Magistratura ed Avvocatura».
L'evento si è concluso con la visita alle sezioni (suggestiva la cella di Giuseppe Di Vittorio), al SERT e all’Infermeria ed infine ad una scolaresca di detenuti del 1º biennio di Scuola Superiore che ha esposto una serie di esigenze culminate in una missiva letta da un rappresentante.
LETTERA DI UN DETENUTO DEL CARCERE DI LUCERA
Il testo qui trascritto è ripreso dall'originale eseguito a mano con una biro.
«Sono sempre più convinto che applicare una forma di democrazia comunicativa basata sul dialogo e sul rispetto delle regole, sia una filosofia di vita che permetta di: "vincere" insieme agli altri con reciproca soddisfazione, affermare se stessi, le proprie opinioni, diritti e valori senza negare quelli degli altri, sia colonna portante per avviare un processo di revisione sul proprio vissuto, di sicuro migliorerà i rapporti interpersonali e gli equilibri relazionali. Sono convinto che aiuterà a realizzare relazioni simmetriche e reciprocamente gratificanti, ottenendo il meglio da sé e dagli altri, prevenire e risolvere qualsiasi forma di conflitto. Ciò che auspico è di valorizzare attività sociali propense a stimolare processi di cambiamento, di autostima, autorealizzazione, consapevolezza di sé, saper essere. Sono convinto che occorre riflettere sul fatto che il linguaggio modifica il nostro pensiero e quindi è in grado di allargare le nostre possibilità concettuali ed espressive e migliorare le nostre capacità di essere, è di comprendere noi stessi e il mondo, e quindi di intraprendere adeguati percorsi atti allo sviluppo interiore. Molte volte pongo le mie riflessioni su ciò che troverò fuori da questo contesto, ma mi oriento sul grado di credibilità affidabilità attendibilità che questo percorso mi ha impresso, e di conseguenza mi chiedo se la società capirà, accetterà, valuterà con questi mezzi e termini il processo di cambiamento attuato dal sottoscritto.
Credibilità = fondatezza delle cose dette.
Attendibilità = delle affermazioni fatte.
Affidabilità = chiama in causa le azioni, la coerenza e l'efficienza dei comportamenti assunti.
Essere affidabile è avere la fiducia, credito consenso da parte del prossimo. Siamo di sicuro ognuno di noi, delle miniere, aventi tutti gli elementi preziosi per poter costituire un tesoro di inestimabile valore esistenziale e morale e civile, bisogna lavorare sodo per tirare fuori queste virtù, come un minatore lavora duro per estrarre un diamante. Di sicuro essere inaffidabili è poco credibile, sarà aspetto e motivo di […incomprensibile…] dell'autostima, penso che si possa collocare al vertice della piramide o scala dei bisogni umani, forse preceduta solo dall'autorealizzazione.
Penso che sia impossibile sentirsi realizzati e soddisfatti senza sentire stima di sé ed essere stimati dagli altri. Sto riflettendo molto su ciò, autostima significa anche ritenersi degni di fiducia, rispetto, felicità, e onore da parte del prossimo, ed infine essere convinti di possedere tutte le risorse necessarie per affrontare e superare le sfide importanti della vita, vorrei capire e chiedo a me stesso su quale sia il valore in eccesso e in difetto, per non far sì che sul piano comportamentale e relazionale divenga un problema. Penso che chi ha stima di sé non è un temerario, assillato di dover dimostrare sempre qualcosa a qualcuno, penso che sia una persona che abbia una giusta percezione dei propri punti di forza e di debolezza. Infatti i limiti che come tutti gli altri sa di avere, non li vive come inutili sensi di colpa o barriere insormontabili, li percepisce come normali ostacoli da superare, sfide personali da vincere, opportunità di crescita continua e di miglioramento.
Il Frizzo