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Quando una canzone parla di te. Lucio Corsi, Volevo essere un duro

Una canzone, come una poesia, può parlare di te, può scavarti dentro, può accarezzarti il cuore.

Con semplicità: la verità è semplice.

Lucio Corsi non usa il condizionale passato, usa un più colloquiale, amabilmente sgrammaticato imperfetto per esprimere la sua banale, ma preziosissima normalità.

E colpisce nel segno, facendosi portavoce di tanti, tantissimi adolescenti che si muovono spesso a fatica in un mondo-palcoscenico che predilige l'apparenza alla sostanza, l'enfasi alla sobrietà, l'eccezionale al normale, a costo di sacrificare la propria autenticità in nome di una dolorosa bugia.

"Volevo essere un duro" non è certo un inno alla mediocrità, piuttosto un invito al rispetto della personalità di ciascuno, che contempli anche le inevitabili fragilità, legittime in quanto umane, nella piena consapevolezza che la diversità non debba essere percepita come un limite, bensì costituisca la nostra più grande ricchezza.

Di seguito alcuni stralci dei commenti dei miei studenti, accorati, profondi, persino commoventi, perché Lucio Corsi parla di loro, parla a loro, esprimendo ciò che hanno dentro.

«Trovo che le parole di Lucio Corsi descrivano un viaggio introspettivo bellissimo, ci permettano di capire che essere invincibili non ci serve, ma che piuttosto dobbiamo riconoscere e accettare le nostre emozioni e i nostri pensieri di cristallo».

«C'è bellezza anche nella fragilità e, a volte, accettarsi è il gesto più coraggioso che ognuno di noi possa fare… Anche io, tante volte, ho provato a sembrare diversa da come sono davvero… Ho indossato la mia corazza, quella che man mano, però, ti allontana da te stessa».

«E già… essere normali in questo mondo di eccezionali, di super bravi, di super belli, di super intelligenti è un problema. Ma poi penso che, come sostiene Lucio Corsi, non devo fuggire, non devo avere paura, perché anche se non sono una dura, anche se non sono nessuno, io sono Giulia, meravigliosamente imperfetta, con tutti i miei sogni, con le mie illusioni, con i miei desideri e con molte incertezze. Non sono e non voglio essere nient'altro che Giulia, "con troppo sole negli occhiali"».

«Che senso ha nascondere sempre quello che si prova, vivere senza lasciarsi toccare dalle cose? La bellezza della vita sta proprio nel sentire, nel lasciarsi coinvolgere, nell'essere sinceri con sé stessi. E se questo vuol dire anche piangere, emozionarsi e accettare le proprie debolezze, va bene così».

«Questa canzone spiega una parte della mia vita, ma io non voglio essere un duro, solo me stesso, senza preoccuparmi del giudizio degli altri, e se questo significa essere strano, allora voglio essere strano. Perché tanto sotto sotto siamo tutti strani, c'è chi si adatta agli standard di questa società e c'è chi non lo fa».

«Allo stesso modo una "luna senza buche" sembra perfetta, ma in realtà è un'illusione. Con questo il cantautore vuol fare intendere che non esistono persone senza difetti e che quelle che lo sembrano non sono altro che sepolcri imbiancati…».

«La fragilità non è un difetto, è parte dell'essere umano, eppure in un mondo che premia chi alza la voce e chi non mostra emozioni, chi si mostra vulnerabile spesso diventa un bersaglio… Le parole "Non sono altro che Lucio" racchiudono una verità potente e liberatoria…».

«La canzone è un dialogo tra la verità e l'apparenza, tra ciò che si vorrebbe essere e ciò che si è realmente».

Per leggere nell'animo di un adolescente, a volte, basta saper osservare, basta saper ascoltare, basta solo una canzone…

Adelia Mazzeo

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