Le visite dopo ore di attesa e di esposizione alle intemperie sia d'inverno che d'estate… L'assenza di spazi per i detenuti in Tribunale nel momento in cui vi sono condotti per affrontare i processi. Nella foto a sinistra, l'avv. Raffaele Lepore, Presidente della Camera Penale di Lucera.
LUCERA - La Camera Penale di Lucera, Presieduta dall’avv. Raffaele Lepore, scrive una lettera-appello indirizzata «al Sindaco di Lucera Dr. Pasquale Dotoli, a S.E. Rev.ma Mons. Domenico Cornacchia Vescovo della Diocesi di Lucera-Troia, all’Ecc.mo Sig. Presidente del Tribunale di Lucera, all’Ecc.mo Sig. Procuratore Capo della Procura presso il Tribunale di Lucera Dr. Domenico Seccia, al Preg.mo Sig. Presidente dell’Ordine degli Avv.ti del Tribunale di Lucera Avv. Giuseppe Agnusdei ed al Preg.mo Sig. Direttore della Casa Circondariale di Lucera» per sollevare il problema della difficile situazione che si trovano puntualmente a fronteggiare i familiari dei detenuti allorquando si recano a far visita a questi ultimi, costretti ad attendere l’apertura della struttura, per esempio, restando esposti per diverso tempo alle intemperie sia invernali che estive, e per richiamare l’attenzione sugli stessi detenuti nel momento in cui si recano presso il Tribunale per il processo
«Il Direttivo – recita la lettera –, riunitosi nella seduta del 18 maggio 2011, rilevato che organi di stampa hanno riportato, col giusto e dovuto risalto, i disagi che i familiari dei detenuti ristretti nel locale carcere debbono affrontare ogni qualvolta vi si recano per i colloqui e per visitare i loro congiunti, stante la mancanza di adeguate strutture in grado di provvedere a ripararli dalle intemperie e dar loro conforto, nell’attesa che a volte si protrae per ore, senza che costoro abbiano, quantomeno, la possibilità di riposarsi su panchine; rilevato ancora che tanto ha suscitato commozione in Sua Eccellenza il Vescovo della Diocesi di Lucera-Troia, sensibile alle esigenze degli umili e di chi soffre, ma che il suo monito pastorale, teso a porre rimedio a simili disagi, è rimasto inascoltato; osservato che il locale Tribunale è privo di adeguate strutture che consentano ai detenuti che devono essere sottoposti a giudizio, sia di recarsi nelle varie aule senza attraversare corridoi e spazi aperti al pubblico, sia di sostare in attesa che il loro processo sia trattato, ponendoli, così, agli sguardi indiscreti degli altri astanti; ritenuto che simili accadimenti configurano un grave vulnus per la dignità di ogni essere umano, che mai deve essere sottoposto a vessazioni, pur se di natura psicologica e morale; evidenziato che la tutela e la garanzia dei diritti essenziali dei cittadini, in ispecie di quelli che vengono affidati allo Stato, rappresentano e sono il fulcro di ogni moderna civiltà occidentale e liberale» è stato chiesto «che sia posto argine a tali manchevolezze, con la posa in opera di idonee strutture, atte alla bisogna» con l’invito, «pertanto, alle forze politiche, religiose e sociali, ad affrontare e risolvere il problema».
Roberto Notarangelo